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  • MARIO ROSSO

UP WITH PEOPLE!


Chi non ha preso le distanze, almeno per una volta, dalla gente? Chi, almeno una volta, non le ha attribuito responsabilità indicibili, o indicata a esempio di mera stupidità?

Colpevole di non sapere, di non voler comprendere, di pensare con superficialità, con il termine gente intendiamo spesso dare forma ad un individuo-pretesto su cui rivendicare un comodo vittimismo, oppure denunciare un’ingiustizia, anche solo apparentemente subita, o semplicemente è la strada più breve per esorcizzare un malessere o una sofferenza che ha sequestrato l’animo. Quasi sempre, alla gente, è attribuito un indice di stupidità elevatissimo, che, nelle migliori delle ipotesi, resta e rimane imparagonabile, in termini qualitativi, anche nella più onesta ammissione di chi dichiara, umilmente, di non esserne esente. La gente – così pare – non è depositaria di alcuna verità, se non della propria insignificanza. È fondamentalmente ingenua, a volte apatica, costantemente fuori tempo: non sa quando sarebbe opportuno che sapesse, e non capisce quando potrebbe farlo. Sulla gente non c’è alcuna possibilità di cadere nel pregiudizio, di fare affermazioni razziste e di intolleranza, in definitiva di sbagliarsi, in quanto è risaputo e culturalmente radicata l’idea che la gente è l’altro sacrificabile, su cui rimettere i nostri limiti e posare la coltre di cecità che ci accomoda a vittime sacrificate, mentre ci determina a carnefici spietati. Fateci caso: parliamo della gente come se fosse fuori da noi, ovvero un corpo estraneo da cui guardarsi bene dall’intrattenere qualsiasi tipo di contatto. È il drago dal quale non farci inghiottire, assimilare. È il virus da cui tenerci lontano per impedirci di soffocarvi; è la terra nella quale augurarci di non mettere mai piede. Noi, tu ed io siamo diversi dalla gente! Lo sentiamo - ed è opportuno convincersene - che dalla gente è meglio e comodo differenziarsi, sempre e comunque. Dalla gente, infatti, se ne guarda bene l’intellettuale, o chi vi si atteggia tale, poiché non la ritiene mai all’altezza, incapace di salire anche ai piani più bassi delle banali elucubrazioni. Tuttavia la teme, la sente pericolosa, potente e minacciosa, pari a una forza mostruosa, in grado di annullare la distanza salvifica che protegge e separa da quel qualunquismo, di cui la gente, appunto, è banalmente artefice. Lo speculatore, al contrario, se ne avvale, vi si allea, sta dalla sua parte, ne strumentalizza l’onda emotiva per erigere sè a verità assoluta. La gente diventa così come una sorta di specchio delle mie brame, i cui verdetti - opportunamente - mai riconoscono chi la critica o pare mettervisi contro e sempre confermano chi coerentemente vi rispecchia verità di comodo.

La gente - e su questo siamo tutti d’accordo - da qualsiasi parte ci si metta, non è mai un me.

È preferibile sostanziarla a manichino, che ciascuno può vestire o denudare come gli pare, perché infondo – così pare - non ha anima.

La gente è la generalizzazione per antonomasia, che legittima categorie altrimenti difficili da definire nello spettro delle ombre, che raccontano, in verità, dell’indicibile di ciascuno. Ma....If more people were for people all people ev’rywhere, there’d be a lot less people to worry about and a lot more people who care. There’d be a lot less people to worry about and a lot more people who care!”

Chi ricorda il bel motivetto degli UP With People che negli anni 70 riempivano le piazze del mondo? Viva la gente..... tanto, prima o poi, gli altri siamo noi!

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