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Alla ricerca dell'Uomo Perduto

In un tempo, dove il fluire è denso di eterno presente e l’evento è scolpito sui profili del sogno, avvenne un incontro straordinario.

Fui testimone di quella incredibile circostanza. Non so, se per una forzata casualità di ordine letterario o se per bizzarra volontà di chi vi scrive. Ciò che è certo è che qui si narra dell’intensa conversazione fra Zeno Cosini e Mattia Pascal, ora uomini liberi, spogli delle maglie del romanzo e dei caratteri del personaggio.

 

I due passeggiavano lentamente, confusi in un ordinato via e vai, sostando sporadicamente il passo, sugli accenti forti della loro discussione.

ZenoRicordo una poesia, di un certo Guido. Guido Gozzo….Guzzaro! Non ricordo bene il nome, ma quei versi, semplici e ben rimati, echeggiano chiari alla mia memoria.

Ascolta Mattia:

 

"Il bimbo guarda fra le dieci dita

la bella mela che vi tiene stretta;

e indugia – tanto è lucida e perfetta –

a dar coi denti quella gran ferita.

Ma dato il morso primo ecco s’affretta:

e quel che morde par cosa scipita

per l’occhio intento al morso che l’aspetta.

E già la mela è per metà finita.

Il bimbo morde ancora – e ad ogni morso

sempre è lo sguardo che precede il dente –

Non sentii quasi il gusto e giungo al torso!

pensa il bambino. Le pupille intente

ogni piacere tolsero alla bocca.(*)"

 

Mi succede così: ogni volta che poso la mente e il mio sentire, sopra queste semplici parole, avverto un brivido freddo di verità. La verità che ….

 

MattiaQuale Zeno? Quella che sussulta come un terremoto fino alle gole dell’esistenza, che trascina il pensiero nel dubbio eterno, cancellando anche l’ultima speranza – la nostra identità, il senso per cui vivere – fino a renderci naufraghi in noi stessi?

No, mio caro amico, troppo rischioso. Non c’è modo

Come poter credere di frugare la vita fino all’osso? Pensare di riuscire a possederla, stringendola fra le dita, così bella e perfetta? Ogni tentativo, prima o poi, s’infrangerà sul muro incrollabile del principio di realtà. E sarà delusione! Proprio come quella del fanciullo, che al torso s’arresta, immemore oramai del sapore della succosa mela!

​

ZenoNon credo che il vivere di ciascuno viaggi sopra un unico binario, per tutti allo stesso modo. A me, non pare. La vita di ciascuno è come  una nota, che vibra sul pentagramma di un mistero, unico, irripetibile, capace di condurre ad altezze e sponde diverse, attraverso mari e profondità mai uguali.

Spesso mi domando: da quale parte mi trovo? Per quali ponti vado passando? In quale logica annaspo?

È imbarazzante - banale - ammettere di non trovare sufficienti buone risposte!

Eppure non sento delusione, mio caro amico Mattia, semmai vertigine! Io così malato della mia stessa vita e incapace di determinare una coscienza forte, equilibrata e posata, constato di fatto solo quell’attitudine a stare sul filo dell’ignoto e di riuscire a vivere proprio quando la vita è lì che mi addenta!

In questa consapevolezza sorge in me meraviglia, come il sole per il giorno nuovo.

 

Mattia: Tu provi vertigine… Meraviglia? 

Siamo tutti ciechi, sul sentiero del mistero. Non c' è poesia, guidare a fari spenti.

Trovo alquanto umoristica l’immagine di tali tue affermazioni!

Se spogliassi le tue parole, vedresti, in verità, un uomo che incarna il dramma dell’Esistenza, segnato da un destino che ansima di verità e, paradossalmente, muore nella banalità delle apparenze.

Questa è la consapevolezza, semmai fosse tale, cui l’Uomo giunge!

Il resto è solo un lungo dolore di inquietudine, mio caro Zeno.

 

ZenoSiamo di peso a noi stessi: gioie che dovremmo deplorare, contrastano in noi tristezze che ci dovrebbero dar gioia, ed ignoriamo da quale parte penda la vittoria.(**)

Questa è la partita che ci spetta giocare, coscienti che la vittoria sta nel giocarla fino in fondo, senza puntare a un risultato che la chiuda definitivamente.

L’inquietudine è solo l’arbitro dell’animo umano, che lascia giocare.

 

Mattia: Tu credi?

 

E sul finire di quest’ultimo interrogativo, non passò inosservato un uomo, che, fermatosi poco più avanti dal punto dove i due compari camminavano, diceva di chiamarsi Fernando.

Esile, indossava pochi miserabili stracci. Sul naso aquilino poggiavano occhialini tondi e dorati, che ben risaltavano due minuscoli occhi: due laghi d'intenso blu.

Animava le mani verso il cielo, come se stesse dirigendo un’orchestra sinfonica.

Improvvisamente si fece chiara un’immagine: c’era ordine in un disordinato via e vai. Perfezione nell’incompletezza.

Mattia e Zeno sostarono il passo, e quella visione fermò il cuore di entrambi.

Quindi l’immagine prese parola:

           

L’Immagine: Tutta la vita dell’animo umano è un movimento nella penombra. Viviamo in un’incertezza della coscienza, mai sicuri di ciò che siamo o di ciò che crediamo di essere. Nei migliori di noi c’è la vanità di qualcosa e c’è un errore di cui non conosciamo l’angolo. Siamo qualcosa che accade nell’intervallo di uno spettacolo, a volte attraverso determinate porte intravediamo quella che forse è soltanto lo scenario. Tutto il mondo è confuso come voci nella notte.(***)

 

L’immagine svanì, sul sopraggiungere di una brezza.

Zeno, ripresosi come da un’apparizione, guardò Mattia. Senza respiro.

Trasse dalla tasca dei pantaloni il solito pacchetto di sigarette, che guardò con gelido riso. Vi infilò due dita, come se cercasse l’ultima sigaretta. Afferrò quella e con garbo leggero, maneggiandola tra le dita, la depose lentamente sulle labbra.

Accese e tirò, fino a farla diventare incandescente, quindi rianimò.

Nel fumo di quel via e vai, che lentamente riprese il suo corso, Mattia fece eco a quelle parole, portando la mano sulle spalle dell’amico Zeno. Stringendole, senza un commento, i due ripresero il cammino, là, dove il fluire è denso di eterno presente e l’evento è scolpito sui profili del sogno.

Non so se per necessità letteraria o se per bizzarra volontà di chi vi scrive. Ciò che è certo è che mi ritrovai a scrivere queste ultime parole, là dove voltai, di quel diario , l’ultima pagina:

​

“A noi mortali, mio caro amico, ora spetta soltanto placarci.”

 

 

           

In questo breve racconto mi sono avvalso della preziosa collaborazione di

(*) Guido Gozzano - La Parabola 

(**) S. Agostino – Le confessioni 

(***) Fernando Pessoa – Il libro dell’Inquietudine 

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